(dal buongiorno ai ragazzi dl biennio del 22 settembre 2016)
È con piacere vivo che, anche quest’anno, ho accettato l’invito del catechista (don Vincenzo) di raccontarvi qualcosa. Più o meno... una volta alla settimana.
Bella questa tradizione del “buongiorno”! Questo piccolo ritaglio di tempo che possiamo dedicare ad una riflessione, una storia, uno spunto che tracci una piccola linea e che ognuno di noi può spontaneamente utilizzare come “guida” per dare un senso alla giornata.
Perché di questo si tratta: fare in modo che le giornate non siano anonime, né tantomeno vuote o addirittura inutili.
Perché i giorni possono avere un sapore più o meno buono. Le cose accadono ma sono le persone che hanno il potere di dare loro un sapore. Come il sale...
Bella questa tradizione del “buongiorno”! Questo piccolo ritaglio di tempo che possiamo dedicare ad una riflessione, una storia, uno spunto che tracci una piccola linea e che ognuno di noi può spontaneamente utilizzare come “guida” per dare un senso alla giornata.
Perché di questo si tratta: fare in modo che le giornate non siano anonime, né tantomeno vuote o addirittura inutili.
Perché i giorni possono avere un sapore più o meno buono. Le cose accadono ma sono le persone che hanno il potere di dare loro un sapore. Come il sale...
C’era una volta un re che rispondeva al nobile nome di Enrico il Saggio. Aveva tre figlie che si chiamavano Alba, Bettina e Carlotta. In segreto, il re preferiva Carlotta. Tuttavia, dovendo designare una sola di esse per la successione al trono, le fece chiamare tutte e tre e domandò loro: “Mie care figlie, come mi amate?”.
La più grande rispose: “Padre, io ti amo come la luce del giorno, come il sole che dona la vita alle piante. Sei tu la mia luce!”.
Soddisfatto, il re fece sedere Alba alla sua destra, poi chiamò la seconda figlia.
Bettina dichiarò: “Padre, io ti amo come il più grande tesoro del mondo, la tua saggezza vale più dell’oro e delle pietre preziose. Sei tu la mia ricchezza!”.
Lusingato e cullato da questo filiale elogio, il re fece sedere Bettina alla sua sinistra.
Poi chiamò Carlotta. “E tu, piccola mia, come mi ami?”, chiese teneramente.
La ragazza lo guardò fisso negli occhi e rispose senza esitare: “Padre, io ti amo come il sale da cucina!”.
Il re rimase interdetto: “Che cosa hai detto?”.
“Padre, io ti amo come il sale da cucina”.
La collera del re tuonò terribile: “Insolente! Come osi, tu, luce dei miei occhi, trattarmi così? Vattene! Sei esiliata e diseredata!”.
La povera Carlotta, piangendo tutte le sue lacrime, lasciò il castello e il regno di suo padre. Trovò un posto nelle cucine del re vicino e, siccome era bella, buona e brava, divenne in breve la capocuoca del re.
Un giorno arrivò al palazzo il re Enrico. Tutti dicevano che era triste e solo. Aveva avuto tre figlie ma la prima era fuggita con un chitarrista californiano, la seconda era andata in Australia ad allevare canguri e la più piccola l’aveva cacciata via lui…
Carlotta riconobbe subito suo padre. Si mise ai fornelli e preparò i suoi piatti migliori. Ma invece del sale usò in tutti lo zucchero.
Il pranzo divenne il festival delle smorfie: tutti assaggiavano e sputavano poco educatamente nel tovagliolo. Il re, rosso di collera, fece chiamare la cuoca.
La dolce Carlotta arrivò e soavemente disse: “Tempo fa, mio padre mi cacciò perché avevo detto che lo amavo come il sale di cucina che dà gusto a tutti i cibi. Così, per non dargli un altro dispiacere, ho sostituito il sale importuno con lo zucchero”.
Il re Enrico si alzò con le lacrime agli occhi: “E il sale della saggezza che parla per bocca tua, figlia mia. Perdonami e accetta la mia corona”.
Si fece una gran festa e tutti versarono lacrime di gioia: erano tutte salate, assicurano le cronache del tempo.
La più grande rispose: “Padre, io ti amo come la luce del giorno, come il sole che dona la vita alle piante. Sei tu la mia luce!”.
Soddisfatto, il re fece sedere Alba alla sua destra, poi chiamò la seconda figlia.
Bettina dichiarò: “Padre, io ti amo come il più grande tesoro del mondo, la tua saggezza vale più dell’oro e delle pietre preziose. Sei tu la mia ricchezza!”.
Lusingato e cullato da questo filiale elogio, il re fece sedere Bettina alla sua sinistra.
Poi chiamò Carlotta. “E tu, piccola mia, come mi ami?”, chiese teneramente.
La ragazza lo guardò fisso negli occhi e rispose senza esitare: “Padre, io ti amo come il sale da cucina!”.
Il re rimase interdetto: “Che cosa hai detto?”.
“Padre, io ti amo come il sale da cucina”.
La collera del re tuonò terribile: “Insolente! Come osi, tu, luce dei miei occhi, trattarmi così? Vattene! Sei esiliata e diseredata!”.
La povera Carlotta, piangendo tutte le sue lacrime, lasciò il castello e il regno di suo padre. Trovò un posto nelle cucine del re vicino e, siccome era bella, buona e brava, divenne in breve la capocuoca del re.
Un giorno arrivò al palazzo il re Enrico. Tutti dicevano che era triste e solo. Aveva avuto tre figlie ma la prima era fuggita con un chitarrista californiano, la seconda era andata in Australia ad allevare canguri e la più piccola l’aveva cacciata via lui…
Carlotta riconobbe subito suo padre. Si mise ai fornelli e preparò i suoi piatti migliori. Ma invece del sale usò in tutti lo zucchero.
Il pranzo divenne il festival delle smorfie: tutti assaggiavano e sputavano poco educatamente nel tovagliolo. Il re, rosso di collera, fece chiamare la cuoca.
La dolce Carlotta arrivò e soavemente disse: “Tempo fa, mio padre mi cacciò perché avevo detto che lo amavo come il sale di cucina che dà gusto a tutti i cibi. Così, per non dargli un altro dispiacere, ho sostituito il sale importuno con lo zucchero”.
Il re Enrico si alzò con le lacrime agli occhi: “E il sale della saggezza che parla per bocca tua, figlia mia. Perdonami e accetta la mia corona”.
Si fece una gran festa e tutti versarono lacrime di gioia: erano tutte salate, assicurano le cronache del tempo.
Molti anni fa qualcuno aveva detto: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il suo sapore con che cosa lo si potrà rendere salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato...” (Mt. 5,13ss).
Ecco. Tutto qui.
Il buongiorno si sente al mattino.
Questo piccolo spazio quotidiano ha un potere magico. Non perché sia io a parlare, o qualcun altro. No! Ma perché, quando meno uno se lo aspetta, arriva il giorno in cui una frase, un pensiero, un’idea... entra con forza sorprendente nella vita di qualcuno di noi e la trasforma. Dà un sapore diverso. Come il sale.
Nella nostra epoca degli aforismi, permettetemi di regalarvi tre citazioni tra le tantissime che sottolineano l’importanza del mattino. Poi scegliete quella che più vi piace.
- Quando fai qualcosa di nobile e bello e nessuno lo nota, non essere triste. Il sole ogni mattina è uno spettacolo bellissimo e tuttavia la maggior parte del pubblico dorme ancora. (John Lennon)
- Quando ci si deve alzare alle 7 in punto, e non hai fatto il tema che ti era stato assegnato, le 6:59 sono il momento peggiore della giornata! (Charlie Brown)
- Ogni mattina noi nasciamo nuovamente. Ciò che decidiamo di fare oggi è ciò che conta davvero. (Buddha)
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