4 aprile 1978. Un ragazzino, 11 anni appena compiuti, trascorre a casa l’intero pomeriggio.
Sembra annoiato. Non è come tutti i giorni. Di solito c’è l’oratorio, con la sua vitalità, la sua energia, a riempire il tempo post studio.
Ma oggi no.
La mamma sta male e deve prendersene cura. Non si sa mai... dovesse avere bisogno di qualcosa.
18.30. Che fare? I compiti li ha finiti, persino il disegno di religione che la maestra, come al solito non guarderà. Anche l’ultimo numero di Topolino è fuori gioco, finito.
Non rimane che accendere la tivù.
Ma nel ‘78 la tivù è diversa. Solo programmi per grandi, spesso noiosi, per lui che ancora non è in grado di cogliere il “valore culturale” delle cose.
Una presentatrice annuncia che sta per andare in onda il primo episodio di un nuovo cartone animato, qualcosa di mai visto alla televisione italiana.
Il ragazzino non comprende in pieno il senso della spiegazione. Ma un cartone è comunque una buona occasione per rilassarsi e passare il tempo con leggerezza. Fino ad ora...
18.45. Tutto cambia. Già dalla sigla...
Ufo Robot, Ufo Robot
Ufo Robot, Ufo Robot
Si trasforma in un razzo missile
con circuiti di mille valvole
tra le stelle sprinta e va.
Mangia libri di cibernetica
insalate di matematica
e a giocar su Marte va.
Lui respira dell'aria cosmica
è un miracolo di elettronica
ma un cuore umano ha.
Ma chi è?
Ma chi è?
Ufo Robot, Ufo Robot
Da questo momento non è più la stessa cosa.
Il primo anime giapponese, il primo supereroe intergalattico entra nella vita del ragazzino e cambia il suo modo di guardare la realtà.
Il nuovo supereroe è un essere coraggioso, sopraggiunto sulla terra da un altro pianeta distrutto da esseri malvagi, dedica la sua esistenza a difendere la Terra dai cattivi, fino al limite del sacrificio della sua stessa vita.
È schivo, forte, coraggioso...
Goldrake diventa il modello di ogni ragazzino. Ma anche di qualche adulto disilluso da una realtà dove la sete di giustizia diventa sempre più intensa.
Il gioco di suoni, immagini, movimenti al rallenty e comandi vocali dall’eco profonda, (che adrenalina mette su il sentire gridare, come da una voce lontana, alabarda spaziale, lame rotanti, doppio maglio perforante...), fa sognare tutti e risveglia sensazioni che da lì a poco saranno parte della vita di molti, moltissimi.
Un’icona pop, è stata definita. Capace di avvicinare mondi diversi: adulti e bambini, ceti sociali differenti, interessi culturali distanti si ritrovano (ancora oggi a quarant’anni di distanza) a parlare di Goldrake, Ufo Robot.
Ma non tutto fila liscio. Molti genitori sono allarmati: questa nuova tipologia di cartoni non va. Troppa violenza esplicita, aggressività, sofferenza... i bambini non sono abituati. Cominciano ad emulare Goldrake e inoltre leggono sempre meno... (non si inventa mai nulla!).
Ufo Robot finisce in parlamento. Bisogna decidere se cancellarne la programmazione o lasciarlo sopravvivere.
A difendere il robottone, in maniera del tutto inaspettata, arriva Gianni Rodari, giornalista e scrittore di fiabe per bambini.
Goldrake, secondo lo scrittore, non è altro che il risveglio di un mito. Nulla di immorale in lui, come nulla di immolare si può riscontrare in Ercole. Quest’ultimo era per metà uomo e per metà dio. Goldrake è per metà uomo e per metà nave spaziale. Ma la sostanza non cambia e nascondere ai bambini il rapporto con la sofferenza, (siamo in periodi in cui parlare di morte è tabù), con le emozioni più forti, con il senso della giustizia, (in altre parole nascondere il contatto con la vita reale), non può essere considerato negativo.
Così Ufo Robot è sopravvissuto agli attacchi mediatici. Ed il ragazzino è cresciuto. È qui a scrivere qualche pensiero da regalarvi...
Mi sono interrogato su quel “metà dio”.
Mi è venuto in mente che qualcun altro ci aveva promesso che non saremmo stati “metà dio”, ma figli di Dio. Cioè divini, come lui.
Beh, se già è difficile essere Goldrake, o Ercole, figuriamoci di più...
E sentiamo un po’, mi sono detto, come che potremmo diventare “divini”, come Dio, uguali a lui o addirittura suoi figli?
Tra le beatitudini evangeliche riportate da Matteo (Mt. 5,3-12) - quanto ne abbiamo parlato al biennio!!! - ce n’è una che dice “Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.
Semplice, no? Già! Mica tanto. Perché è evidente che gli operatori di pace non sono quelli che organizzano manifestazioni pacifiste, magari spaccando vetrine o assaltando le barriere della polizia...
No. Gesù ha un’altra idea di pacifismo.
La pace deve nascere prima dentro di noi. Poi riusciremo a portarla attorno a noi. Non combattendo la violenza con altra violenza, ma con la mansuetudine, la mitezza, l’amore.
Le parole di Gesù sono di una concretezza disarmante e non lasciano spazio ai dubbi.
Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. (Lc. 6, 27-35)
È qui il senso della promessa di Gesù. Per essere come Dio, per essere figli di Dio, bisogna vincere i limiti della natura umana e amare non in modo comune. In modo divino: Egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Ce ne vuole.
Gesù sarebbe stato poco credibile se alle sue parole non avesse fatto seguire i fatti.
Ma in questi ultimi giorni, (i giorni della settimana santa), questi fatti sono stati ricordati continuamente. E lo abbiamo visto lì, appeso nudo a un pezzo di legno, deriso dagli stessi accusatori che lo avevano condannato perché fastidioso al loro quieto vivere, al loro perbenismo, alla loro adesione formale alla fede e, quando ormai le forze erano esaurite, usare l’ultimo fiato disponibile per dire “Padre, perdonali...”. Perdonali.
Essere divini è possibile. Essere più forti di Goldrake è possibile.
Ma richiede un amore sovrumano. Divino appunto.