il blog del Don Bosco Ranchibile

giovedì 17 dicembre 2015

I re magi dimenticati

I ragazzi dell'Oratorio di Santa Maria avevano preparato una recita sul mistero del Natale. Avevano scritto le battute degli angeli, dei pastori, di Maria e di Giuseppe. C'era persino una particina per il bue e l'asino. Ma quando suor Renata vide le prove dello spettacolo sbottò: "Avete dimenticato i Re Magi!".
Enzo il regista si mise le mani nei capelli, mancava un solo giorno alla rappresentazione. Dove trovare i tre Re Magi così sui due piedi?
Fu Don Pasquale a trovare la soluzione."Cerchiamo tre persone della parrocchia! - disse - Spieghiamo loro che devono fare i Re Magi moderni, vengono con i loro abiti di tutti i giorni e portano un dono a Gesù Bambino. Un dono a loro scelta. Tutto quello che devono fare è spiegare con franchezza il motivo che li ha spinti a scegliere proprio quel particolare dono".
La squadra dei ragazzi si mise in moto e nel giro di due ore erano stati trovati i Re Magi sostituti.
La sera di Natale, il teatrino parrocchiale era affollato.
I ragazzi ce la misero tutta e lo spettacolo filò via liscio e applaudito. Senza che nessuno lo potesse prevedere il momento più commovente divenne l'entrata dei Re Magi.
Il primo era un uomo di cinquant'anni, padre di cinque figli: portava una stampella. La posò accanto alla culla e disse: "Tre anni fa ho avuto un brutto incidente d'auto. Uno scontro frontale. Fui ricoverato all'ospedale con parecchie fratture. Nessuno azzardava un pronostico. I medici erano pessimisti sul mio recupero. Da quel momento cominciai ad essere felice per ogni più piccolo progresso: poter muovere la testa o un dito, alzarmi seduto da solo e così via. Quei mesi in ospedale mi cambiarono. Sono diventato umile scopritore di quanto possiedo. Sono riconoscente per le cose piccole e quotidiane. Porto a Gesù Bambino questa stampella in segno di riconoscenza".
Il secondo Re era in verità una regina, madre di due figli. Portava un catechismo. Lo posò accanto alla culla e disse: "Finché i miei bambini erano piccoli e avevano bisogno di me, mi sentivo realizzata. Poi sono cresciuti e ho cominciato a sentirmi inutile. Ma ho capito che era inutile commiserarmi. Ho chiesto al parroco di fare catechismo ai bambini. Così ritrovai un senso alla mia vita. Mi sento come un apostolo, un profeta: aprire ai nostri bambini le frontiere dello spirito è un'attività che mi appassiona. Sento di nuovo di essere importante".
Il terzo Re era un giovane. Portava un foglio bianco. Lo pose accanto alla culla del Bambino e disse: "Mi chiedevo se era il caso di accettare questa parte. Non sapevo proprio cosa dire, né cosa portare. Le mie mani sono vuote. Il mio cuore è colmo di desiderio di felicità e di significato per la vita. Dentro di me si ammucchiano domande, inquietudini, attese, errori, dubbi. Non ho niente da presentare. Il mio futuro mi sembra così vago. Ti offro questo foglio bianco, Bambin Gesù. Io so che sei venuto per portare speranze nuove. Vedi, io sono interiormente vuoto, ma il mio cuore è aperto e pronto ad accogliere le parole che vuoi scrivere sul foglio bianco della mia vita. Ora che ci sei Tu tutto cambierà...".

Poco da aggiungere.
Il Natale continua ad essere la festa di compleanno dove il festeggiato non riceve regali ma da cui i regali vengono pretesi. E non penso solo a quelli che troveremo sotto l'albero. Penso alle tante richieste che spesso affollano le nostre preghiere e che potremmo riassumere in un'unica formula: "Dio, fa'che io sia felice. Perché ho diritto di essere felice".
Il mondo gira attorno a noi. E spesso anche Dio.
Ricordo che lo scorso anno, durante una attività di religione,  avevo chiesto ai ragazzi di terza di immaginare un ipotetico incontro con Gesù. Ho letto riflessioni interessanti,  belle, alcune anche divertenti come quella di un alunno che scriveva: "Non ho mai pensato ad un incontro con Gesù, ma mi piacerebbe che avvenisse quando ho la versione di latino!". Mica stupido.
Incuriosito dal pensiero dei più piccoli ho fatto la stessa domanda alla piccola di casa mia, 7 anni.
"Come immagini un incontro con  Gesù? ".
"Papà, fammi pensare..." e, poco dopo, "mi piacerebbe andare a cena con lui!".
"A cena?". "Sì, a cena".
"E che cosa mangereste?". "Quello che vuole lui!".
"E perché non quello che piace a te?".
"Perché gli voglio bene, e voglio che sia felice!".

Più vado avanti negli anni e più mi sembra di capire, anche se a poco a poco e con difficoltà, perché nel Vangelo Gesù ci dice che il Regno di Dio è per i bambini e per quelli che sono in grado di farsi come loro.
Pensiamo di avere diritto di essere felici ma abbiamo escluso Dio dagli "aventi diritto".
E fino a quando Gesù bambino sarà solo un romantico ornamento dei nostri presepi, fino a quando Gesù lo percepiamo come un qualcosa in più, anche solo un supporto psicologico per confortarci dai drammi della "vita reale", stiamo solo perpetrando una recita che va avanti da due millenni.

Se incontriamo davvero Gesù la vita cambia. E se ci credessimo anche un poco non dovremmo avere pace fino a quando questo incontro, reale incontro, non avvenga.
Allora, probabilmente, ogni piccola cosa della nostra vita riacquisterebbe il giusto peso, il giusto valore; tutta la nostra esistenza ci sembrerebbe piena di significato e non ci sentiremmo inutili. Su quel "foglio bianco" comincebbero a tracciarsi dei segni importanti...

Gesù non ha bisogno di noi per essere felice, è vero.
Ma il desiderio di vedere qualcuno felice è la misura del nostro amore per lui.
È la percezione della sua presenza nella nostra quotidianità.

Quindi, dal profondo del cuore vi auguro di vivere questo incontro.
L'incontro della vita!
Buon Natale.

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