il blog del Don Bosco Ranchibile

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martedì 20 gennaio 2015

Il momento dell'aurora

Un rabbino riunì i suoi allievi e domandò loro: “Come possiamo conoscere il momento preciso in cui finisce la notte e comincia il giorno? ”. “Quando, a una certa distanza, siamo in grado di distinguere una pecora da un cane", disse un ragazzino.
“In verità, si può affermare che è ormai giorno quando, a una certa distanza, siamo in grado di distinguere un olivo da un fico", replicò un altro allievo.
“Non sono soluzioni particolarmente convincenti". “Qual'è la risposta giusta allora?", domandarono tutti. E il rabbino disse: “Quando si avvicina uno straniero e noi lo confondiamo con un nostro fratello, ponendo fine a ogni conflitto. Ecco, questo è il momento in cui finisce la notte e comincia il giorno".


Quanti, tra tutti coloro che incontriamo quotidianamente, possiamo dire di "confonderli" con un nostro fratello? Non è forse molto più elevata la probabilità di "scambiare" un nostro fratello per un nemico? Perché a poco a poco la logica del sospetto vince su quella dell'amore e la paura si impossessa di noi. Non ci fidiamo più,  ci guardiamo bene le spalle, chiunque può essere un potenziale nemico.
Che mondo è mai questo, dove tutto ciò che c'è di più bello e innocente viene infangato per l'infinito egoismo dell'uomo? Che mondo è questo dove anche i bambini vengono usati, trasformati in bombe per seminare terrore, distruzione, morte? Davvero non c'è un limite all'orrore?
Mentre scrivo queste poche parole sto osservando alcuni bambini che nuotano in piscina... l'unica "esplosione" che posso immaginare è quella della gioia, che riescono a trasmettere, e della vita, che amano con una forza straordinaria.
Poi la mia mente vola ad altre bambine, di circa 10 anni ciascuna, che pochi giorni fa, in Nigeria, sono state utilizzate come kamikaze per uccidere numerose persone. Non sappiamo neanche il loro nome. Non se ne parlerà a lungo, perché il loro paese è lontano dal nostro. È un paese senza risorse e di scarso interesse per il nostro occidente civile...
Ma sono bambine. Sono bambine. Non chiamiamole kamikaze, perché è davvero difficile poter immaginare che queste povere creature fossero consapevoli di ciò che stava loro succedendo.
Io voglio imparare a distinguere la notte dal giorno, voglio vivere il momento dell'aurora. Non voglio avere paura di una bambina che mi cammina a fianco. Perché un mondo così non mi piace.
Risvegliamo la bellezza che c'è intorno a noi. Lei salverà il mondo.

giovedì 4 dicembre 2014

Foto ricordo.


E’ un crocevia di immagini, sentimenti e concetti straordinari quello che, in modo soft, interessa la nostra vita in questi giorni. Proprio il suo carattere delicato, però, potrebbe non attirare la nostra attenzione più di tanto e lasciarci inconsapevoli della sua portata storica e metastorica. Vediamo di mettere in luce i punti focali: avvento, Immacolata, attesa, speranza, dialogo e abbraccio.
Siamo entrati nella prima settimana di avvento, termine che indica attesa e che ci proietta alla ormai prossima ricorrenza del Natale.
Ci prepariamo anche a vivere il nostro primo tradizionale appuntamento con una festa liturgica mariana, tanto cara a Don Bosco e alla famiglia salesiana: la festa di Maria Immacolata.
Dal 28 al 30 novembre Papa Francesco ha svolto un viaggio apostolico in Turchia.
Nel frattempo noi siamo sempre affaccendati ad affrontare le nostre preoccupazioni quotidiane, fatte di questioni più o meno importanti da risolvere.
Dal canto loro, i mass media continuano a martellarci con il loro carico di negatività (non c’è niente che va bene!) e con i relativi inviti all’evasione (è l’unica via d’uscita... fate di tutto per non pensare!).
Per trovare un punto in comune tra tutti questi elementi non è il presente che dobbiamo interrogare, ma è necessario fare un salto nel passato, (un viaggetto di duemila anni circa), e recarci in una stanzetta al primo piano di una casa di Gerusalemme, per trovare la chiave di decodificazione di questi eventi attuali.
Questa la cronaca dell’evangelista Luca:
“Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi, che è vicino a Gerusalemme quanto il cammino permesso in un sabato. Entrati in città salirono al piano superiore dove abitavano. C’erano Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo di Alfeo e Simone lo Zelota e Giuda di Giacomo. Tutti questi erano assidui e concordi nella preghiera, insieme con alcune donne e con Maria, la madre di Gesù e con i fratelli di lui”.  (Atti 1,12-14)
Gli apostoli avevano ricevuto da Gesù l’ordine di non allontanarsi da Gerusalemme perché lì avrebbero dovuto attendere lo Spirito Santo. Ed eccoli dunque in attesa e con essi c’è anche Maria. E l’ultima volta che sentiamo parlare di lei nella Scrittura, e la troviamo in attesa come all’inizio del racconto evangelico.
In una bellissima riflessione di Mons. Tonino Bello, Maria viene descritta come la "donna dell’attesa”. Pagine bellissime di cui voglio donarvi un assaggio:
“Vedete allora che Maria, nel Vangelo, si presenta come la vergine dell’attesa e si congeda dalla scrittura come la madre dell’attesa: si presenta in attesa di Giuseppe, si congeda in attesa dello Spirito. Vergine in attesa, all’inizio, Madre in attesa, alla fine. E nell’arcata sorretta da queste due trepidazioni, una così umana e l’altra così divina, cento altre attese struggenti. L’attesa di lui, per nove lunghissimi mesi. L’attesa di adempimenti legali festeggiati con frustoli di povertà e gaudi di parentele. L’attesa del giorno, l’unico che lei avrebbe voluto di volta in volta rimandare, in cui suo figlio sarebbe uscito di casa senza farvi ritorno mai più. L’attesa dell’ora: l’unica per la quale non avrebbe saputo frenare l’impazienza e di cui, prima del tempo, avrebbe fatto traboccare il carico di grazia sulla mensa degli uomini. L’attesa dell’ultimo rantolo del figlio inchiodato sul legno. L’attesa del terzo giorno, vissuta in veglia solitaria, davanti alla roccia. Attendere: infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito”.
Oggi stiamo disimparando il gusto dell’attesa. Viviamo in schemi prestabiliti, geometricamente perfetti, con orari ed impegni improrogabili e non sappiamo più attenderci nulla. Siamo nel tempo del tutto e subito... dell’attesa non viviamo più gli aspetti  più belli né quelli più dolorosi.
Ma la cosa peggiore è quando si arriva a non attendersi più nulla dalla vita. Quando viene meno la speranza e tutto sembra ormai inutile.
Non è raro, ormai, sentire di storie senza attesa... non è raro, ormai, vivere noi stessi senza attese.
L’avvento allora si presenta come una provocazione. Ci dice che un motivo per sperare c’è, si chiama amore, perché chi ama sa aspettare.
L'avvento e il natale ci parlano proprio di questo, una storia d'amore straordinaria che ha come protagonisti un Dio follemente innamorato dell’uomo, tanto da decidere di farsi come lui, e un uomo che di questo amore ha un infinito bisogno.
L'amore cambia il cuore e cambia anche le persone. Per questo l'antica saggezza raffigurava gli amanti come persone trasformate da un dolce veleno, colpite dai dardi di un dio.
E di amore oggi c'è un immenso bisogno.
Siamo stanchi di storie tristi, senza amore e senza senso. Siamo stanchi di scene di odio e di violenza, motivate da pseudoteologie. Siamo stanchi di vedere il male accanirsi sui più deboli, sugli anziani e sui bambini.
Sì,  siamo stanchi di sentir parlare di bambini abbandonati,  o sfruttati, usati, abusati, violentati, uccisi...
Abbiamo bisogno di storie più belle.
Mi piace, a questo punto raccontarvi di un evento importante,  che potrebbe passare inosservato.  Mi piace richiamare la vostra attenzione su una foto notizia, una di quelle che fra qualche anno rivedremo sui libri di storia.
La foto mostra Papa Francesco che china il capo davanti al Patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo I, e chiede benedizione per sé e per la Chiesa di Roma.
Il Patriarca ricambia questo gesto di umiltà con un eloquente gesto di affetto: un bacio sulla testa del Papa.
Qualcuno, commentando i vari momenti significativi che hanno caratterizzato il viaggio del Papa in Turchia, non ha lesinato rimproveri e critiche: come può il Papa, il capo della Chiesa universale, arrivare a tanto? Ha pregato in una moschea insieme ai musulmani, rivolto verso la Mecca, ha pregato con gli ortodossi, ha chiesto al loro massimo esponente la benedizione... non sta forse un tantino esagerando? Non sta forse umiliando eccessivamente, nella sua persona e nel suo ruolo, tutta la chiesa cattolica? Gli altri non hanno mai fatto dei passi simili nei nostri confronti...
Non è mia intenzione partecipare a una disputa teologica. Lascio spazio a chi vive di queste velleità.
Non credo, tuttavia, che arroccarsi dietro principi, leggi, dogmi, o pretendere che siano gli altri a fare il primo passo, sia un insegnamento che ricaviamo dal vangelo. Quante critiche piovevano su Gesù perché parlava con i romani, con la donna samaritana, con i pubblicani, con le prostitute... quanto scandalo provocava l'immagine di un maestro che lava i piedi ai suoi discepoli. No, Gesù non ci ha detto di fare rispettare la nostra autorità,  ma di rendere autorevole il nostro servizio,  fatto con amore sincero.
Duemila anni fa, in quella stanzetta al primo piano, a Gerusalemme, insieme a Maria, c'era Pietro e c'era anche Andrea, suo fratello. Il primo avrebbe avuto la responsabilità della Chiesa di Roma, il secondo della Chiesa d'Oriente.
Oggi come allora si potrebbe scrivere "erano assidui e concordi nella preghiera".
Perché da troppo tempo rimane disattesa la preghiera di Gesù: "Padre, fa che siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato", e il suo insegnamento: "da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se vi amerete come io ho amato voi".
Allora avremo una Chiesa credibile. Allora testimonieremo un Dio credibile.
Non dimenticate questa foto, ragazzi. È un grande messaggio per ciascuno, un insegnamento importante. Ci si può amare nel rispetto delle differenze.
Sia questa la nostra principale attesa. Perché se nel mondo non cresce la disponibilità ad amare e lasciarsi amare l'umanità non avrà alcuna speranza.
E il natale non avrebbe alcun senso.
O forse è già così?

mercoledì 26 novembre 2014

L'inferno di Schopenhauer


Arthur Schopenhauer è un filosofo tedesco (1788-1860), passato alla storia per il suo pessimismo, talmente intenso da coinvolgere non solo il genere umano, ma tutto l'universo, e definito per questo "pessimismo cosmico". Prendendo spunto anche da alcuni studi di carattere letterario, Schopenhauer  arrivò a proporre questa suggestione: è più semplice inventare una descrizione dell'inferno che del paradiso, poiché di immagini infernali siamo circondati quotidianamente, mentre il paradiso richiede un supplemento di fantasia. Tale difficoltà avrebbe interessato lo stesso Dante, che avrebbe composto la sua prima cantica rifacendosi a immagini realistiche (vedi ad esempio l'incontro con il conte Ugolino), mentre per scrivere il Purgatorio e soprattutto il Paradiso ha dovuto inventarsi tutto.
Non c'è Paradiso attorno a noi.
C'è poca affinità tra i miei pensieri e quelli di Schopenhauer. Non avverto la sua energia negativa e pessimistica, né condivido il suo ateismo senza speranza. E tuttavia non posso negare che anche a me risulta tanto difficile trovare intorno a noi immagini che possano essere considerate una piccola e sbiadita anticipazione di paradiso. Se ci sono, sono poche.
Di contro siamo frastornati di racconti di carattere "infernale" che fatichiamo ad accettare come veri. Ci sembrano troppo oltre ogni possibile immaginazione.
La notizia è di due giorni fa e riguarda Palermo. Era su tutte le agenzie di stampa e quotidiani  online... ne ho scelto uno a caso:
E' morta la neonata trovata con il cordone ombelicale ancora attaccato in un cassonetto dei rifiuti di via Ferdinando Di Giorgi, in zona Uditore, a Palermo. A dare l'allarme ai carabinieri una passante allertata da un clochard che rovistando tra i rifiuti, aveva notato le gambine della piccola tra i sacchetti. La bambina, con ogni probabilità nata all'alba di oggi, era dentro una borsa sportiva rossa, insieme con una scarpa da adulto e un paio di forbici, utilizzate probabilmente per recidere il cordone ombelicale.
La piccola, che aveva i vasi del cordone ombelicale aperti, era in condizioni disperate ed è stata soccorsa d'urgenza dal 118. I sanitari dell'ospedale Civico hanno tentato invano di rianimarla, ma la piccola è morta. Indagini sono in corso per scoprire l'autore dell'orribile gesto: gli investigatori stanno visionando le immagini delle telecamere di sorveglianza della zona. La procura ha aperto un'inchiesta e il magistrato di turno ha disposto l'autopsia.
"Abbiamo fatto di tutto per riuscire a rianimarla e a salvarla, ma purtroppo quando è arrivata all'ospedale Civico era già morta. E' così piccola e indifesa...", racconta uno dei sanitari che hanno soccorso la piccola. La piccola è stata anche intubata in ambulanza ma non è servito a niente. E' arrivata in ospedale già cadavere. (fonte Repubblica.it)
Questa non è Sparta del 500 a.C., questa è Palermo del 2014. Questo è sempre il mondo delle contraddizioni. Quel mondo dove alcuni affermano che un bambino è un diritto, e non un dono, e altri ritengono che un bambino è un problema, e non un dono.
È il mondo dei benpensanti e dei giudizi facili; è il mondo delle apparenze da salvare ad ogni costo, il mondo dove basta chiudere gli occhi per essere a posto con la coscienza.
Ma con la coscienza ci troviamo comunque a fare i conti e spesso, se abbiamo il coraggio di affrontarne gli interrogativi, avvertiamo che il suo peso non è determinato da ciò che abbiamo fatto ma da quello che non abbiamo fatto.
Fra qualche giorno vi sarà data la possibilità di avvicinarvi al sacramento della riconciliazione. Ho la strana sensazione che di questo sacramento non abbiamo più capito nulla, che l'abbiamo ridotto ad una lavanderia spirituale che può aiutarci a stare un po' meglio per un tempo sempre più breve. Proprio come quando indossiamo un capo pulito e profumato o ci infiliamo sotto delle lenzuola fresche di bucato. A questo abbiamo ridotto il "sacramento" dell'incontro, dell'abbraccio,  dell'amore tra padre e figlio. È una conseguenza scontata non avvertirne più l'importanza, tanto siamo stati capaci di banalizzarlo.
Quali domande sono adatte per prepararci a questo incontro?  Una sola: quanto amore c'è in me?
Nessuna lista, nessun catalogo delle colpe può avere lo stesso valore... quanto amore sento? Quanto sono disposto ad amare?  La partita della nostra vita si gioca tutta sull'amore. È la vera "partita del cuore".
Ricordate l'incontro di Gesù con Pietro dopo la resurrezione? Il Maestro non chiede al discepolo "quante volte mi hai tradito?", lo sa già. Vuole sentire il suo amore: "Mi ami tu?". E da quella dichiarazione di amore deriva l'invito di Gesù ad allargare i confini del cuore "prenditi cura di loro", occupati degli altri, impara a vivere per loro.
Il Card. Martini, riprendendo una frase di Gesù,  dice: "Quando alla fine della vita saremo interrogati sull'amore non potremo delegare la risposta alla Caritas".
È vero: se c'è un paradiso questo non è certo tra di noi. Ma la forza dell'amore che abbiamo sperimentato o che sperimenteremo ci dice che questo mondo non è ancora l'inferno.
Non abbandoniamo la speranza, perché Dio ci ama, anche se non ce ne accorgiamo, malgrado tutto.
Il mondo può davvero cambiare se ci facciamo coinvolgere da quella domanda: "mi ami tu?".
Sì, il mondo può essere migliore.
Con buona pace di Schopenhauer.

venerdì 17 ottobre 2014

Il mondo dei bambini

E’ bello il mondo dei bambini...
La fantasia è la padrona assoluta e sognare è semplice, anche ad occhi aperti.
Sì, è bello il mondo dei bambini.
La meraviglia per le scoperte quotidiane, la voglia di imparare ogni giorno qualcosa in più, magari per colmare un po’ la distanza dal mondo degli adulti, il desiderio di conoscere e di vivere tutto in pienezza, attimo per attimo. Tutto questo sembra sconfinato.
E’ bello il mondo dei bambini. Lo troviamo riflesso nell’immaginario costruito attraverso tanti strumenti, dove fantasia, arte e tecnologia si incontrano e si fondono, che attraverso quella denominazione, ormai obsoleta e irreale, ma ancora dolce da sentire, i “cartoni animati” permette agli adulti di accumulare un bel po’ di soldi (le attività di marketing basate sui desideri dei bambini sono una delle principali fonti di guadagno), e permette ai bambini di continuare a sognare che il mondo intero sia bello. Come il loro.
Hai presente i paesaggi dei cartoons ? Non sono bellissimi? Non mi riferisco solo ai fantasiosi castelli delle favole, ma anche alle altrettanto fantasiose raffigurazioni delle nostre città.
Le strade pulitissime, i muri per nulla imbrattati che riflettono il sole in mille colori pastello. Un caleidoscopio di luci che rende più buone anche le persone. Tutti sorridono ed anche il personaggio più triste e scorbutico, il “Brontolo” della situazione, prima o poi sarà costretto a cedere e diventare buono e cordiale... perché non c’è spazio per la tristezza in un mondo come questo.
Le attività quotidiane non sono pesanti: tutti hanno un lavoro che amano o riescono a realizzare i propri sogni; anche andare a scuola non sembra poi così terribile o noioso.
Tutto è bello, tutto e buono. E’ bello il mondo dei bambini.

Ma poi cresci. Ed hai quattordici anni. Esci di casa e guardi intorno a te, e nulla è come hai immaginato fino ad ora. Hai percorso queste strade tante volte e non ti eri mai accorto che sono l’immagine in negativo di quanto hai visto in tv, di quanto ti hanno fatto vedere.
Le strade sono sporche, i muri imbrattati, la gente nervosa, triste e scontrosa. Chi ha perso il suo lavoro, (che svolgeva con fatica, nonostante non gli piacesse, perché a casa i figli hanno fame), sa che trovarne un altro è un’impresa impossibile. Dovrà sottostare a gente pronta a sfruttare il suo bisogno e dovrà ritenersi fortunato, e sarà un uomo forte,  se il pianto dei propri figli non lo spingerà a rivolgersi alle organizzazioni criminali. Vuoi che sorrida anche lui?  Non ce la fa.
E’ questo il tuo mondo reale. Allora che fai?
Guardi il tuo scooter nuovo, che tuo padre, carrozziere, è riuscito ad acquistarti con sacrificio. Ti piace. E’ bello con i suoi colori scintillanti. Una goccia di bellezza in un deserto di degrado. Ci tieni che rimanga com’è, nuovo e luccicante. Lo hai fatto spesso... lo porti al lavaggio, con qualche euro brillerà di più.
Ma quello che ti aspetta non c’è fantasia che riesca a crearlo.
Tre uomini ti girano attorno, li conosci, li hai visti tante volte perché sono del tuo stesso quartiere, ti prendono in giro, “sei grasso” ti dicono “enorme”, “ciccione di m...”. Le loro parole ti fanno sentire sbagliato, almeno in questo mondo, sei sbagliato! Perché qui non si deve essere grassi, né troppo delicati, né effeminati... abbiamo altri schemi, altri modelli da seguire. Ci vogliono muscoli, un carattere rude o spavaldo, e soprattutto non devi stare solo, devi appartenere a un branco. Loro non sono soli, tu sì. “Sei talmente grasso”, dice uno di loro “che adesso ti pulisco come un tappetino”. E tu sai che si chiama Vincenzo, proprio come te. “Vieni grassone, che ti gonfio ancora un po’!”, continua, tra le risate degli altri due del branco e l’indifferenza di chi sta attorno. Poi ti afferra, ti abbassa i pantaloni e ti soffia dentro con la pistola dell’aria compressa. Vomiti sangue... non riesci più a vedere nulla... il dolore e lancinante... il buio.
Ti risvegli in un posto diverso, una stanza silenziosa, con luci soffuse, pareti pulite. Sei disteso su un letto, anche le lenzuola sono pulite. Hai un tubicino al naso e c’é un sottofondo fatto di ronzii e beep. Riconosci la stanza di un ospedale. Riconosci la persona al tuo fianco. Finalmente un viso amico. “Mamma, che è successo?, perché mi prendono in giro? perché mi hanno aggredito in quel modo? perché mi fa tanto male la pancia?”.
Non sai. Non puoi sapere. Ti hanno lacerato l’intestino. Ti hanno lacerato l’anima.
Ma il perché non è dato saperlo, né a te né tutti quelli che si  pongono questa domanda.
Sei dispiaciuto perché dovrai saltare una partita di calcetto, la tua passione, insieme al Napoli. Non sai del rischio di non poter giocare più.
Ma con la mamma accanto stai meglio. Ti ritorna il sorriso.
L’altro Vincenzo è in carcere. Ventiquattro anni e una bambina di due, nessun lavoro per poterla mantenere. Una continua metamorfosi, ora vittime ora  carnefici, sì, ora vittime ora carnefici. Avrà il coraggio di dire a sua figlia, che guarda i cartoni, che il mondo fuori è talmente diverso?

Quale mondo ci aspetta domani?
Il mondo del grande e piccolo schermo è bello,ma non è reale.  Ben altro tipo di “cartoni animati” troviamo nelle stazioni e sotto i portici della nostra città: abitazioni di cartone, vestiti di cartone, letti di cartone... l’indifferenza genera mostri (veri!) e nessuno può prevedere chi sarà la loro vittima.
I bambini hanno diritto a sognare... perché questo diritto deve esserci negato quando cresciamo? Perché non possiamo immaginare un mondo diverso, senza indifferenza, senza odio, senza violenza, senza prevaricazione?
E’ bello il mondo dei bambini. Il nostro potrebbe esserlo.

Il calendario dell'avvento

Avvento, tempo di attesa. Tempo di attese. Sono tante le attese che ognuno di noi porta nel proprio cuore. C’è chi spera in un domani miglio...