il blog del Don Bosco Ranchibile

venerdì 28 luglio 2017

Il diamante

(Dal buongiorno al biennio del 27 ottobre 2016)

C’era una volta un monaco che viveva poveramente e passava di villaggio in villaggio parlando di Dio e della sua bontà. Si accontentava di poco e spesso la sua cena consisteva in un pezzo di pane e un po’ d’acqua bevuta alla fontana.
Una sera il monaco arrivò in prossimità di un villaggio e, per non disturbare nessuno a quell’ora, si sistemò un giaciglio sotto un albero.
Stava recitando le preghiere della sera quando gli si fece incontro, sudato ed ansimante, un abitante del villaggio che gridava: “La pietra! La pietra! Dammi la pietra preziosa!”
“Che pietra?”, chiese il monaco.
“La notte scorsa mi è apparso in sogno il Signore”, disse l’abitante del villaggio, “e mi ha detto che se fossi venuto alla periferia del villaggio al crepuscolo avrei trovato un monaco che mi avrebbe dato una pietra preziosa e mi avrebbe reso ricco per sempre”.
Tranquillo e sereno, il monaco rovistò nel suo sacco e tirò fuori una grossa pietra scintillante.
“Probabilmente il Signore intendeva questa” disse porgendo la pietra all’uomo. “L’ho trovata sul sentiero della montagne qualche giorno fa. Tienila pure”.
L’uomo fissò meravigliato la pietra. Era un diamante. Certamente il diamante più grosso del mondo perché aveva le dimensioni di una testa di uomo.
Con gli occhi luccicanti l’abitante del villaggio afferrò il diamante e corse via. Posò la pietra su un tavolino vicino al letto e si coricò. Mille pensieri gli tormentavano la mente. Si girò e rigirò nel letto senza poter dormire.
Il giorno dopo allo spuntar dell’alba, l’uomo tornò dal monaco, lo sveglio e gli disse: “Dammi la ricchezza che ti permette di dar via così facilmente questo diamante”.

Cosa ci insegna questa storia? Forse non sempre quello che noi consideriamo ricchezza è la ricchezza più grande che possiamo desiderare. Forse il bene più grande non è quello più appariscente ma quello più nascosto. Un bene tale da renderci veramente felici e che non ci crea inquietudine o angoscia.
I beni possono essere di due tipi: quelli materiali e quelli interiori (o spirituali).
Dove sta la differenza tra queste due categorie? I primi, se decidiamo di donarli agli altri, li perdiamo. Siamo costretti a farne a meno e, forse per questo, siamo spinti a non privarcene affatto, accrescendo così il nostro egoismo.
I beni spirituali , invece, sono strani, perché più li doniamo e più li vediamo crescere.
Chi dona ciò che conosce non per questo diventerà ignorante. Chi dona gioia sarà ancora più felice, non sarà certo triste.  Chi ama non rimarrà senza amore, anzi il suo cuore scoppierà di amore.
Ci sono beni che possiamo donare e che ci permetteranno di essere realmente ricchi.

Cerchiamo quella ricchezza che ci permette di donare facilmente.

mercoledì 26 luglio 2017

Ambra


M. Mezzini, C. Rossi, Gli specchi rubati. Percorsi multiculturali nella scuola elementare
In un paese né grande né piccolo, da qualche parte in Italia, vive una bambina che si chiama Ambra, nome derivato dalla parola anbar che in arabo significa "preziosa".
Al mattino Ambra si alza presto e fa colazione con i corn-flakes, prodotti a base di cereali e di mais, originario del Messico. Poi si veste indossando una felpa di cotone, pianta originaria dell'India, introdotta in Europa dagli arabi alla metà del IX secolo. L'etichetta della felpa dichiara: "made in Taiwan".
Ambra va a scuola e risolve problemi utilizzando numeri indiani, portati in Europa dagli arabi. Durante la ricreazione mangia una banana cresciuta ai tropici e fa una partita a scacchi, gioco di antichissima origine, probabilmente indiana. Racconta poi alla sua amica Sara - che porta il nome di origine ebraica, della santa protettrice degli zingari - come ha trascorso la domenica. Utilizza parole quali computer, videogame, film, judo, chimono, rispettivamente prese a prestito dall'inglese e dal giapponese.
Alla mensa scolastica mangia spaghetti al pomodoro, e forse non sa che la pasta è stata inventata dai cinesi e che il pomodoro, sconosciuto in Europa fino al '500, fu importato dalle Americhe.
Nel pomeriggio l'insegnante d'inglese parla di Halloween, la festa più amata dai bambini americani e Ambra si ricorda di aver sentito raccontare qualcosa di molto simile dalla sua nonna, originaria della Calabria.
Tornata a casa si concede un po' di tempo davanti alla TV. Mentre guarda i suoi cartoni animati giapponesi e un documentario sui Masai sgranocchia una barretta di cioccolato, ottenuta dalla lavorazione del cacao, coltivato esclusivamente nelle zone tropicali.
Per sfuggire la presenza di sua sorella che si sta impasticciando i capelli con l'henné, polvere naturale colorante usata tradizionalmente dalle donne del Medio Oriente e del Maghreb, Ambra si rifugia nell'angolo preferito della sua stanza, su un tappeto pakistano, probabilmente fabbricato da un suo coetaneo.
Fantastica di praterie, cavalli e "tepee", indiani, masticando una caramella balsamica all'eucalipto, pianta originaria australiana.
Nel frattempo anche papà è tornato. A tavola Ambra ascolta confusa un suo commento alle notizie del telegiornale: «Tutti questi stranieri minacciano la nostra tradizione e non hanno proprio niente da insegnarci».

Il calendario dell'avvento

Avvento, tempo di attesa. Tempo di attese. Sono tante le attese che ognuno di noi porta nel proprio cuore. C’è chi spera in un domani miglio...