il blog del Don Bosco Ranchibile

venerdì 6 marzo 2015

La nostra storia d'amore

Non trascuriamo la nostra storia d'amore!
Nel Concistoro del 14 febbraio del 2015, Papa Francesco ha creato 20 nuovi cardinali, i "principi" della  chiesa. Quasi tutti li ha scelti da, le periferie del mondo e, soprattutto,  della società.
Tra di essi due italiani: mons. Edoardo Menichelli,  arcivescovo di Ancona-Osimo e mons. Francesco Montenegro,  arcivescovo di Agrigento.
Un video che  circola sul web ripropone il momento della celebrazione in  cui,  dopo aver posto la berretta cardinalizia sul capo di mons. Montenegro il Papa gli sussurra:  "Non dimentichi di occuparsi dei poveri che ha servito tanto bene". Lui gli risponde: "Oggi c'è un gruppo di loro tra gli invitati, insieme ai miei familiari: è un regalo per me e per lei".
Vorrei riproporre alla  vostra attenzione il testo dell'omelia di mons. Montenegro pronunciata mercoledì scorso durante la celebrazione delle  ceneri  che ha dato inizio a questo periodo straordinario di grazia  che è la quaresima.
Per molti di voi, già impegnati nel volontariato, possono essere fonte di speranza, di motivazione e di incoraggiamento.
Per chi si sente sfiduciato dalle circostanze della  vita e da se stesso un invito forte ed intenso a fidarsi di Dio, sorgente di bellezza, di verità,  di gioia.

"Le letture che abbiamo appena ascoltato ci hanno presentato i motivi fondamentali del nostro ritrovarci insieme; Il Signore, per mezzo del profeta Gioele ci ha chiesto di chiamare a raccolta tutti, giovani, vecchi, bambini, sposi…un’assemblea solenne e completa per accogliere l’invito a lasciarsi riconciliare con Dio, come ci ha ricordato S.Paolo nella seconda lettura; e, infine, Gesù nel Vangelo ci ha spiegato che questo cammino di risposta a Dio che ci viene incontro, da parte nostra deve essere fatto in modo serio e completo: preghiera, digiuno ed elemosina più che singole azioni esprimono un unico movimento del cuore che sa amare Dio, il prossimo e sa vivere costantemente orientato verso le cose che non passano. Questa celebrazione di apertura del tempo quaresimale ci introduce al sempre nuovo e sempre interessante e attraente cammino, che porta verso la Pasqua, giorno in cui è svelato pienamente l’immenso amore del Signore per ciascuno di noi. È cammino che da una parte chiede di prendere coscienza della nostra condizione di peccatori attraverso i segni propri della Quaresima: inizieremo con la cenere che tra poco sarà imposta sul capo, a ricordo della nostra provenienza e della nostra destinazione finale e concluderemo, il giovedì Santo con la lavanda dei piedi segno forte che indica la via del servizio e dell’amore incondizionato; dall’altra, questo cammino è da fare col cuore pieno di fiduciosa speranza, perchè siamo attratti e spinti dalla luce che esploderà nel giorno di Pasqua. Luce che già da ora ci accompagna: Gesù è Risorto. La direzione da prendere in questo cammino ci è indicata dalle parole di Gioele: «Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, pianti e lamenti, laceratevi il cuore, ritornate al Signore». È vero, sono parole dure, perché ci vengono chiesti, non tanto e non solo, gesti esteriori ma la lacerazione del cuore, cioè saper aprire con forza il centro vitale del nostro essere affinchè entri la vita di Dio. È la condizione indispensabile perché la luce pasquale riempia la nostra esistenza. L’evento pasquale esige sempre un cambiamento di rotta. Vivere la Quaresima è un cammino da fare, è un girarsi finalmente dalla parte di Dio (questo è il significato del termine conversione) ma, in effetti, la sorpresa è, e tale non dovrebbe essere, che tale percorso ci fa rendere conto che è Dio a venirci incontro. È Lui che, ancora una volta, ripete il suo desiderio di tenere aperte le porte del cielo per donarci lo stesso abbraccio del Padre dato al figlio prodigo che, scappato da casa, sentì subito la mancanza della sicurezza e del calore paterno. È Lui, il Signore, il principale protagonista di quest’avventura, è Lui a chiederci, con parole sempre nuove, anche se ripetute annualmente, di entrare con decisione e definitivamente nella storia d’amore che ci propone. A noi che Gli abbiamo voltato e Gli voltiamo le spalle, il Signore Gesù risponde pazientamene e decisamente con le porte del cuore sempre aperte, come per sempre aperte, in un grande abbraccio, sono le sue braccia inchiodate sul legno della croce, quasi a confermare la sua instancabile disponibilità nei nostri riguardi. Per chi non crede tutto ciò potrebbe avere il sapore di una bella favola, dove c’è un buono e un cattivo. Invece non solo è la realtà, ma è la realtà di ciascuno di noi; questa è la nostra storia che, se noi lo vogliamo, ha una felice e straordinaria conclusione: la Pasqua, il passaggio di Dio che porta salvezza e libertà. In questi giorni, la liturgia ci ripeterà che la gioia di Dio è di poterci offrire il suo perdono; è scritto nella Bibbia, che Egli “getta in fondo al mare i nostri peccati”, e in più che è pronto, sempre se noi lo vogliamo, a cambiarci il cuore: “vi toglierò il vostro cuore di pietra e vi darò un cuore di carne”. Se questo è l’esito dei quaranta giorni che abbiamo da vivere, ritengo che - non mi stancherò mai di dirlo – quello della Quaresima è anche un tempo gioioso e luminoso. Il “laceratevi il cuore” è la sollecitazione perché cambi il nostro modo di pensare nel relazionarci a Dio, scoprendolo cioè Padre, perchè - riconosciamolo - non sempre Lo pensiamo tale (per molti è Dio e basta, ma questo non è il Dio rivelato da Gesù. Egli ci ha insegnato il Suo nome: Abbà) e perché entriamo in relazione nuova con gli altri pensandoli e accogliendoli tutti come fratelli. Permettete che ponga l’accento su quest’aspetto. Lo ritengo necessario, per non vanificare il cammino stesso della Quaresima. Il modo con cui si vive nel territorio e nella nostra città il tempo quaresimale, la Settimana Santa e il giorno di Pasqua, mi crea grande perplessità. La mia impressione è che ad Agrigento il centro della Quaresima sia il Venerdì santo, mentre la domenica di Pasqua è un giorno festivo come tanti altri. Eppure la Pasqua è il centro della nostra fede. Senza la Pasqua tutto diventa vano. In altre parti della Diocesi poi l’attenzione è attirata dall’intrecciarsi e rincorrersi, non sempre in maniera ordinata, di statue di Angeli e di Santi tali da offuscare la centralità del Risorto. È necessaria una seria riflessione perché le tanto preziose e radicate devozioni ritrovino il senso vero e pieno della liturgia. Senza il riferimento alla Pasqua anche i segni quaresimali perdono il loro significato: rispettare, per esempio, la penitenza, come pure il digiuno e l’astinenza, non è solo privarsi di qualcosa, o fare un sacrificio, ma è aprirsi al dono per chi è in difficoltà. Così l’elemosina non è un semplice dare qualcosa a un povero, ma imparare a condividere la vita. La conversione non è solo sforzarsi di arrivare a Dio, ma farGli spazio e permetterGli di entrare nella nostra vita. Fermarsi al Venerdì Santo, senza la giusta attenzione alla Pasqua, è fare un cammino privandolo della gioia di raggiungere la meta. Il cammino penitenziale non è buio e il suo traguardo non è il Calvario. È cammino luminoso e anche gioioso perché tende alla Pasqua e ha come obiettivo finale quello di consentire a tutti di conoscere la luce di una vita nuova. Se è importante il Calvario, non lo è meno la tomba vuota. La Risurrezione è il sigillo che Dio mostra dinanzi al nostro peccato offrendo misericordia, benevolenza, pietà e compassione. La Pasqua è la vittoria sul nostro peccato e sulla morte, è il trionfo definitivo dell’amore su qualsiasi forma di meschinità e di paura. Per questo la Pasqua chiede di mettersi celermente per strada, come avvenne per i discepoli e per la Maddalena, mentre il Calvario rischia di bloccarci ai suoi piedi, facendoci perdere la parte più interessante e conclusiva della storia d’amore che il Signore è venuto a tessere per e con noi. Faccio mio l’invito di Paolo: «Lasciatevi riconciliare con Dio»; in altre parole, lasciatevi vincere dall’amore di Dio, dichiarate la vostra sconfitta di fronte alla grandezza della sua misericordia; mettiamoci in cammino alla ricerca del vero volto di Dio, per risentire la bellezza e la forza del suo amore. Seguiamo con interesse Gesù che parla e agisce, ricordando le Sue parole: «Chi ha visto me ha visto il Padre». Lui ci fa scoprire un Dio attento e sensibile alle necessità degli uomini. Un Dio che, offrendo il suo amore gratuito, si mette al servizio dei suoi figli per renderli come lui. Un Dio che non ama gli uomini perché lo meritano, ma perché hanno bisogno del Suo amore. Dio è il pastore che va alla ricerca della pecorella smarrita. Dio è la donna che accende la lucerna, spazza la casa e cerca la dramma perduta finché non la ritrova. Dio è il padre che veglia e aspetta i suoi figli, che corre loro incontro, li abbraccia, li scongiura di entrare in casa e di sedersi a tavola per far festa. Approfittiamo perciò di questo tempo per convertirci a Dio cioè riconoscere il suo amore, accogliere la sua proposta di comunione e di simpatia, ritornare a Lui, aprire una relazione nuova con Lui, togliere dalla nostra intelligenza, dalla nostra volontà e dal nostro cuore tutto ciò che Gli impedisce di entrare e rimanere nella nostra vita, arrendersi a Lui, vivere sotto il suo sguardo, abbassare i monti dell’autosufficienza, della prepotenza e colmare i burroni di una vita insignificante ed egoista, stimare il suo giudizio più di quello degli uomini, cercare la Sua approvazione più che il compiacimento del mondo; in una sola parola essere e vivere davvero da cristiani. In questo cammino affascinante sentiamo vicina la presenza di Maria, la donna forte del Calvario e del Cenacolo; affidiamoci a Lei che ha saputo unire penitenza e gioia; ha magnificato il Signore, è stata ai piedi della Croce e ha atteso, con serena fiducia, l’alba della risurrezione".

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