il blog del Don Bosco Ranchibile

venerdì 6 marzo 2015

Il buon esempio

Fonte: Buonenotizie / blog, di @Corriereit

L'Italia che dà il buon esempio anche quando lo Stato non c'è

C’è una catena solidale che attraversa l’Italia e indica percorsi alternativi alla resa per bancarotta dei Comuni in bolletta: è fatta da gente che indossa la maglia del volontariato e sostiene lo Stato e gli enti locali nei servizi che arretrano sotto il peso della spending review e dei bilanci bloccati dal patto di Stabilità.
Sono cittadini operosi che tamponano la ritirata del welfare municipale e creano un antidoto a scandali, ruberie e corruttele varie che infestano i luoghi della politica, come quelli che a Boffalora d’Adda, nel Lodigiano, rispondono all’appello del sindaco per svolgere lavori di manutenzione pubblica e si dicono felici di fare qualcosa per il bene comune, come i genitori di Montereale Valcellina, provincia di Udine, che sopperiscono alla mancanza di autisti e accompagnatori dei figli sullo scuolabus o come i comitati del verde che a Roma si incaricano di ripulire dai mozziconi e dal degrado le aiuole dei Parioli e del Pinciano.
Piccoli gesti di civismo che messi assieme diventano enormi e sono una boccata d’ossigeno nell’aria avvelenata dalla crisi; rappresentano, dice Jacques Attali, l’ideologo dell’economia positiva, la risposta al disfattismo che ci perseguita: «Io vedo nell’altruismo la sola strada possibile per non precipitare nel baratro».
Ed è l’altruismo che si moltiplica nei piccoli centri, nei paesi dove si contano le perdite, gli uffici postali che chiudono, i presidi di assistenza che latitano, le buche stradali che aumentano. Succede così che a Serpentara, zona Montesacro, a Roma, i cittadini decidono di ripulire da soli il parco delle Magnolie con zappe e rastrelli, per far dimenticare i succhiasoldi di Mafia capitale e gli scandalosi appalti truccati: lì ci sono i giovani, le donne e c’è Sergio Chicarella, un pensionato che falcia l’erba con forbici e trattore, coinvolgendo le scuole del quartiere e immaginando un orto didattico «meglio di quelli dell’Expo». A Pietrasanta, intanto, nasce la «Food forest», un bosco creato dai volontari per la comunità, con piante da frutto che l’assessore all’ambiente, Italo Viti, protegge come un santino. A Rosora, provincia di Ancona, si muovono gli imprenditori, come hanno fatto a Omegna quelli del gruppo Alessi, che hanno trasformato la cassa integrazione in servizi socialmente utili per il Comune: la ditta Loccioni ha occupato il vuoto della politica nella manutenzione del fiume Esino, adottandone due chilometri e mettendo fine alla diatriba sulle responsabilità tra Regione, Provincia e cinque Comuni. Risultato: oggi il fiume è tornato accessibile, con piste ciclabili e punti di ristoro.
Non si tratta di essere ciecamente ottimisti, «ma di ritrovare uno spirito di comunità», indica in un sondaggio Nando Pagnoncelli, direttore di Ipsos: il civismo responsabile è un punto fermo per ogni ricostruzione. E di civismo ce n’è tanto, di laico e cattolico, quasi a contraddire il luogo comune che in Italia nulla funziona. A Napoli una ex mensa universitaria diventa ambulatorio gratuito grazie a tre medici volontari: la visita si paga con l’impegno sociale, promettendo un’azione a favore di altre persone svantaggiate. A Milano un pensionato crea dal niente una biblioteca di condominio: si chiama Rolando Montagna, in via Rembrandt ha raccolto 5 mila libri. Faceva il riparatore tv e in pensione si è dato un obiettivo: far conoscere la gente che vive nello stesso luogo, ignorandosi.
A Stazzema i cittadini puliscono la chiesa e i monumenti: in cambio il Comune si impegna con agevolazioni nelle pratiche burocratiche. Di baratto si parla da qualche giorno a Penne, in Abruzzo, dove una mozione in consiglio comunale propone la riduzione dei tributi a chi si impegna per la pulizia di strade e aree verdi. Ma è la gratuità il valore più forte. A Sinagra i volontari ripuliscono l’alveo del torrente dai detriti. A Genova, un gruppo di soci ha trasformato lo storico cantiere navale di Sturla in una casa dei giochi per i bambini malati dell’ospedale Gaslini: intorno sono nate strutture di sostegno per le famiglie dei piccoli ricoverati. A Porretta Terme, Nicolò Savigni, il vicesindaco, ha reso pubblico il suo cellulare. Chiamatemi, ha detto, e aiutatemi a salvare giardini, fontane e monumenti dall’incuria. Slogan: un cittadino che collabora per il bene della sua città è un protagonista della lotta a sprechi e indifferenza.Non sono soltanto pensionati quelli che trasferiscono nella sfera della bontà esperienze e voglia di fare. Luigi Ghisleri aveva 18 anni quando è diventato volontario Vidas, a Milano: lui porta un po’ di umanità a chi non ha più speranza. «Quando i giorni rimasti sembrano improvvisamente pochi, conforta sapere che c’è qualcuno si occupa di noi», dice. Anche la cultura è in affanno, nelle città e nei piccoli centri. A Milano il Touring club garantisce con i suoi volontari l’apertura di case museo che altrimenti non sarebbero visitabili. È uno spirito civico quasi spontaneo, che non si crea per decreto e rappresenta la spina dorsale di un’altra Italia, quella che si scontra con un Paese in affanno, burocratizzato, politicamente screditato, vessatorio nei confronti di chi paga le tasse, in affanno dalla scuola alla sanità. Uno spirito che spinge le persone responsabili a reagire, a dare una mano ai sindaci che rinunciano allo stipendio per non gravare sulle casse comunali, uno spirito che si intreccia con quello di lavoratori capaci di non arrendersi, come Enzo Muscio, della A Novo di Saronno: due anni fa era in cassa integrazione nell’azienda che si occupa di assistenza e riparazione di prodotti elettronici in garanzia. Ha ipotecato la casa, ha trovato un socio e ha riassunto una parte dei suoi compagni licenziati: «Non bisogna mai arrendersi, dobbiamo puntare sulla capacità e sulla voglia di fare», spiega.
L’Italia è un cantiere sociale e c’è da augurarsi la tenuta di questa grande catena solidale. Livio Rossi, il sindaco di Boffalora d’Adda, costretto dalle ristrettezze del bilancio a cercare volontari, non parla di nuova narrazione. Si rimbocca le maniche e mostra come tutto può essere circolare: chi oggi aiuta, un giorno sarà aiutato. Qualcuno però si chiede: e lo Stato, dov’è?

Quando ho letto questo articolo non riuscivo a credere che si parlasse di località italiane. Perché di solito i notiziari ci raccontano tutt'altre storie. Non si parla mai di generosità e, soprattutto, non si usa mai la parola gratuità.
A lamentarci siamo ormai diventati tutti bravi e la parola responsabilità viene catapultata da un soggetto all'altro, purché rimanga lontana da noi.
Così puntiamo il dito contro il politico di turno, contro il governo di turno, contro l'amministrazione regionale-provinciale-comunale di turno; poi è la volta dei delinquenti,  della malavita organizzata, delle ideologie fondamentaliste e quando non sappiamo più dove andare a parare ci viene in soccorso l'ennesima difficoltà economica di portata planetaria e finalmente possiamo dire: è tutta colpa della crisi!
Non voglio minimizzare affatto. Tutte queste concause del malessere del mondo sono reali, lo so. Ma mi chiedo, e da quanto letto ho appreso che per fortuna non sono solo, se l'unica reazione possibile è la rassegnazione, il piangersi addosso, il ripararsi all'interno di un piccolo recinto di sicurezza.
Rimboccarsi le maniche, come hanno fatto i protagonisti degli esempi citati, potrebbe essere più produttivo e potrebbe consentirci di vivere in un mondo migliore.
Ma tutto, ancora una volta,  affonda le sue radici nella profondità del cuore dell'uomo. Occorre un'inversione di rotta, un cambiamento radicale del nostro modo di sentire e vivere l'ambiente in cui stiamo. Il nostro ambiente, ma che troppo spesso non sentiamo tale.
Il volontariato,  ce lo siamo detti durante il ritiro spirituale,  non è legato alle cose che facciamo. Le nostre azioni sono manifestazione di ciò che siamo!
Quale rapporto abbiamo con gli ambienti in cui viviamo buona parte delle nostre giornate?
Non voglio dare io la risposta, ma vorrei invitarvi a guardare il nostro cortile dopo la ricreazione, le nostre aule dopo la scuola, le pareti, i banchi...
No. Stavolta non possiamo dire che è sempre colpa di altri. E nemmeno della crisi.

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