il blog del Don Bosco Ranchibile

martedì 28 settembre 2021

C'è un mondo da aggiustare

 



Immagino che molti di voi abbiano sentito parlare di “Fridays for future”. Lo spero almeno.

Questo grande movimento, diffuso in moltissimi paesi del pianeta, ha raccolto migliaia e migliaia di giovani attorno a sé e, ispirandosi alle proteste di Greta Thunberg, organizza eventi a tutti i livelli per manifestare a favore dell’ambiente e di uno sviluppo sostenibile.

Uno di questi eventi ha avuto luogo venerdì scorso, 24 settembre, sotto forma di uno sciopero globale per il clima dal titolo “Salvare il futuro non ha prezzo”.

Qualcuno, con ironia aggiungerebbe: “per tutto il resto c’è mastercard!”. Ma senza futuro… beh.


Ottanta città italiane, compresa la nostra Palermo, hanno ospitato l’evento.

Non è la prima volta che assisto ad un evento del genere, che vedo giovani di buona volontà agitarsi, sbracciare, cantare, gridare, metterci tanto pathos… ma ogni volta sento dentro qualcosa che stride. 

E mi torna in mente una storiella. Banale, se volete. O forse no.


Durante l'assenza della moglie, un importante uomo d'affari dovette rimanere in casa per badare ai due scatenatissimi bambini. Aveva un'importante pratica da sbrigare, ma i due piccoli non lo lasciavano in pace un istante.Cercò così di inventare un gioco che li tenesse occupati per un po' di tempo. Prese da una rivista una carta geografica che rappresentava il mondo intero, una carta complicatissima per i colori dei vari stati.Con le forbici la tagliò in  pezzi minutissimi che diede ai bambini, sfidandoli a ricomporre il disegno del mondo. Pensava che quel puzzle improvvisato li avrebbe tenuti occupati per qualche ora. Un quarto d'ora dopo, i due bambini arrivarono trionfanti con il puzzle perfettamente ricomposto. «Ma come avete fatto a finire così in fretta?», chiese il padre meravigliato. «E' stato facile», rispose il più grandicello. «Sul rovescio c'era la figura di un uomo. Noi ci siamo concentrati su questa figura e, dall'altra parte, il mondo si è messo a posto da solo». 


Chi non ha mai nutrito il sogno di aggiustare il mondo e magari vedersi riconosciuto il merito. Ma sembra una causa persa. Il mondo ci appare sempre peggiore, giorno dopo giorno. Senza Scampo. Di chi è la colpa? Degli altri ovviamente. Se nulla funziona, è sempre colpa degli altri.

E non possiamo farci nulla perché ogni sforzo sembra inutile. Ma la prospettiva, forse, è diversa. E il primo angolo di mondo da guardare non è fuori, ma dentro di noi. Se non siamo in grado di "aggiustare" noi stessi come possiamo pretendere di sistemare questo mondo. Non è necessario scomodare teorie socio-politiche. La questione è più semplice di quanto possa sembrare. Se l'uomo non funziona il mondo va in rovina. E puntare il dito continuamente sugli altri non ha alcun senso. Sarebbe troppo semplice, per me, prendere alcuni esempi di piccoli fatti che tutti i giorni si verificano attorno a noi per confermare quanto ho appena detto. Qualche anno fa, durante un viaggio di istruzione, città come Trieste, Lubiana, ci sono apparse da subito molto belle e i ragazzi immediatamente sottolineavano  ed apprezzavano l' ordine, la pulizia. Non possiamo affermare la stessa cosa quando andiamo in giro per Palermo o altre città siciliane. Ma di chi è la responsabilità? Delle varie amministrazioni pubbliche? Della "gente" incivile che sporca? E noi non abbiamo proprio nessuna colpa? Beh, non ne sarei tanto convinto. Guardate il nostro cortile dopo la ricreazione, le scale, i corridoi. Guardate alcuni banchi ed alcune pareti delle nostre aule. 

 La cultura si forma dalla coscienza dei singoli. Prima di puntare il dito verso gli altri dovremmo sempre interrogare la nostra coscienza. Il mondo che ci circonda è lo specchio di questa coscienza.


Immagino Gesù che impara in famiglia le norme più semplici di educazione e di convivenza. Da Giuseppe, probabilmente, non ha udito molti insegnamenti. Perché li ha "visti"... vissuti in prima persona. 


Il saggio Bayazid diceva: "Quand'ero giovane ero un rivoluzionario e tutte le mie preghiere a Dio erano: «Signore, dammi la forza di cambiare il mondo». Quando ero ormai vicino alla mezza età e mi resi conto che metà della mia vita era passata senza che avessi cambiato nulla, mutai la mia preghiera in: «Signore, dammi la grazia di cambiare tutti quelli che sono in contatto con me. Solo la mia famiglia e i miei amici, e sarò contento». Ora che sono vecchio e i miei giorni sono contati, comincio a capire quanto sono stato sciocco. La mia sola preghiera ora è: «Signore, fammi la grazia di cambiare me stesso».

Se avessi pregato così fin dall'inizio non avrei sprecato la mia vita".


Se ognuno pensasse a cambiare se stesso, tutto il mondo cambierebbe


(Pino Casano)


lunedì 27 settembre 2021

Di gente che vuole vivere...

 


Wislawa Szymborska (1923-2012), poetessa polacca, premio Nobel per la letteratura 1996, scriveva così, circa dieci anni fa:






Mantenere le distanze dai pensieri tossici e dai sensi di colpa.

Non mischiare i sogni con chi non ne ha mai realizzato uno.
Coprirsi la bocca per proteggersi da provocazioni e ipocrisie.
Far entrare aria pulita e spalancare le vedute strette.

Evitare in ogni modo il contatto con qualunquisti perbenisti, con pressapochisti sempre in cerca di una scusa e con quelli adagiati sul divano dei lamenti. Farsi contagiare solo dagli inquieti, dai poeti, dagli acrobati del possibile, da chi non vede l’ora. Se non ne conosci, cercali!
Di gente che vuole vivere è pieno il mondo.

Ogni mia parola di commento sarebbe superflua. Il testo della Szymborska è estremamente incisivo. Mi limito a sottolineare una frase: Di gente che vuole vivere è pieno il mondo.
Ecco, questa è la gente che dobbiamo cercare.

Don Enzo Volpe

giovedì 23 settembre 2021

Per sempre libero




Ormai è un leitmotiv quotidiano, l'ossessione degli ultimi tempi: stanno limitando la nostra libertà.
In un modo o nell'altro tentano di renderci dei manichini inerti, o dei burattini mossi da potenti che hanno sul mondo disegni occulti!
E allora mi sono chiesto: cosa significa essere libero? Cos'è davvero la libertà?
Ho cercato qualche risposta e mi sono reso conto che di libertà si può parlare su livelli diversi, e non tutti hanno la stessa importanza.
Una prima forma di riflessione l'ho trovata in rete, quando alla parola libertà ho trovato abbinato un esempio, l'esempio di un gigante della libertà, Nelson Mandela.
Forse parleremo ancora di libertà, ma oggi trovo questo messaggio molto forte.
E voglio proporvelo.


"Dopo essere diventato presidente, ho chiesto alla mia scorta di andare a pranzo in un ristorante. Ci siamo seduti e ognuno di noi ha chiesto ciò che ha voluto.

Sul tavolo davanti, c'era un uomo che aspettava di essere servito. Quando è stato servito, ho detto a uno dei miei soldati: vai a chiedere a quel signore di unirsi a noi. Il soldato è andato e gli ha trasmesso il mio invito. L’uomo si è alzato, ha preso il suo piatto e si è seduto proprio accanto a me. 

Mentre mangiava le sue mani tremavano costantemente e non alzava la testa dal suo cibo. Quando abbiamo finito, mi ha salutato senza guardarmi, gli ho dato la mano e se n'è andato.

Il soldato mi ha detto:

Madiba quell'uomo doveva essere molto malato, visto che le sue mani non smettevano di tremare mentre mangiava.

Risposi: No, assolutamente! La ragione del suo tremore è un'altra.

Allora gli ho detto:

Quell'uomo era il custode della prigione dove sono stato. Dopo che mi torturava, urlavo e piangevo chiedendo un po ' d'acqua e lui veniva mi umiliava, rideva di me e invece di darmi acqua, urinava nella mia testa.

Non è malato, aveva paura  che io, ora presidente del Sudafrica, lo mandassi in carcere e gli facessi quello che mi ha fatto lui. Ma io non sono così, questa condotta non fa parte del mio carattere, né della mia etica.

Le menti che cercano vendetta distruggono gli stati, mentre quelle che cercano la riconciliazione costruiscono nazioni. 

Uscendo dalla porta verso la mia libertà, sapevo che se non mi fossi lasciato alle spalle tutta la rabbia, l'odio e il risentimento, sarei ancora prigioniero."

(Nelson Mandela)



La nostra libertà è in parte nelle mani degli altri. E in parte nelle nostre mani. 

Meglio: nella nostra mente e nel nostro cuore.

…sapevo, che se non mi fossi lasciato alle spalle tutta la rabbia, l’odio e il risentimento, sarei ancora prigioniero”.

Non importa se sei il presidente del Sudafrica o un comune cittadino di qualunque paese del mondo. Ciò che ti chiude in gabbia è tutto il male che ti porti dentro e di cui non riesci a liberarti.

Facile non è. Non lo è mai stato. 

Ma non sembra che ci siano alternative.

Forse è proprio questo il più grande insegnamento che troviamo nel vangelo e nella testimonianza autentica di tanti cristiani: Gesù non si è vendicato, come una qualsiasi divinità del passato. Quelle divinità sembravano uomini maggiorati, potenziati.

Ma Gesù si presenta come un Dio diverso, libero dalle logiche umane, libero dal diritto dell’ occhio per occhio, libero di perdonare, anche quando sembra impossibile.

San Paolo ci dice che ciò che è impossibile per l’uomo non lo è per Dio. 

Abbiamo pensato che si riferisse ai miracoli. Forse si tratta piuttosto di essere capaci di amare oltre ogni umana misura. Fino a perdonare i tuoi aguzzini, i tuoi carnefici.


mercoledì 22 settembre 2021

Racconto perché...

 

mountain pose

Quest'anno abbiamo iniziato il nostro percorso formativo, con il buongiorno del sig. Preside.

Ci ha parlato di una figura straordinaria, Don Pino Puglisi, un uomo senza limiti perché libero.

Ha dato fastidio perché parlava del bene e per il bene. Questo sognava per i ragazzi che avvicinava: un mondo bello, nuovo, dove il male piano piano indietreggi e lasci spazio al bene. 

Era, come ci ha detto il preside, un educatore.

Non è facile educare. Bisogna imparare a remare controcorrente, a subire qualche critica, se capita, a rimanere saldamente legato ai propri valori, anche quando la tendenza maggiore è la relativizzazione.

L’educatore ascolta e, quando è necessario, parla. 

In questo senso il nostro percorso formativo prevede un momento, al mattino, chiamato “il buongiorno”. 

Vi sarà data una parola, che può avere dei risvolti, oppure no. 

Ma non importa: il seminatore sa già che non tutti i semi che sparge potranno portare frutto. Non per questo si arrende.


C’era una volta un narratore. Viveva povero, ma senza preoccupazioni, felice di niente, con la testa sempre piena di sogni. Ma il mondo intorno gli pareva grigio, brutale, arido di cuore, malato d’anima. E ne soffriva.

Un mattino, mentre attraversava una piazza assolata, gli venne un’idea. «E se raccontassi loro delle storie? Potrei raccontare il sapore della bontà e dell’amore, li porterei sicuramente alla felicità». Salì su una panchina e cominciò a raccontare ad alta voce. Anziani, donne, bambini, si fermarono un attimo ad ascoltarlo, poi si voltarono e proseguirono per la loro strada.

Il narratore, ben sapendo che non si può cambiare il mondo in un giorno, non si scoraggiò. Il giorno dopo tornò nel medesimo luogo e di nuovo lanciò al vento le più commoventi parole del suo cuore. Nuovamente la gente si fermò, ma meno del giorno prima. Qualcuno rise di lui. Qualche altro lo trattò da pazzo. Ma lui continuò imperterrito a narrare. 

Ostinato, tornò ogni giorno sulla piazza per parlare alla gente, offrire i suoi racconti di amore e di meraviglie. Ma i curiosi si fecero rari e, ben presto, si ritrovò a parlare solo alle nubi e alle ombre frettolose dei passanti che lo sfioravano appena. Ma non rinunciò. Scoprì che non sapeva e non desiderava fare altro che raccontare le sue storie, anche se non interessavano a nessuno. 

Cominciò a narrarle ad occhi chiusi, per il solo piacere di sentirle, senza preoccuparsi di essere ascoltato. La gente lo lasciò solo dietro le palpebre chiuse. Passarono così degli anni.

Una sera d’inverno, mentre raccontava una storia prodigiosa nel crepuscolo indifferente, sentì che qualcuno lo tirava per la manica. Aprì gli occhi e vide un ragazzo. Il ragazzo gli fece una smorfia beffarda: «Non vedi che nessuno ti ascolta, non ti ha mai ascoltato né ti ascolterà mai? Perché diavolo vuoi perdere così il tuo tempo?».

«Amo i miei simili», rispose il narratore. «Per questo mi è venuta voglia di renderli felici».

Il ragazzo ghignò: «Povero pazzo, lo sono diventati?».«No», rispose il narratore, scuotendo la testa.

«Perché ti ostini, allora?», domandò il ragazzo, preso da una improvvisa compassione.

«Continuo a raccontare, e racconterò fino alla morte. Un tempo era per cambiare il mondo...». Tacque, poi il suo sguardo si illuminò.

E disse ancora: «Oggi racconto perché il mondo non cambi me».



Magari ci è già capitato. Magari ci capiterà, di incontrare dei “pazzi” felici che ci parlano di Dio. Don Pino Puglisi era uno di loro.

Dio ha cambiato la loro vita, rendendola meravigliosa, perché hanno capito cosa è l’essenziale. Il loro desiderio allora è quello di trasmettere questa felicità ai loro simili, nonostante tutto, ad ogni costo. Sì, anche a costo di rimanere soli... e se nessuno li ascolta continueranno a parlare perché, anche se non potranno cambiare il mondo, il mondo non cambi loro. 

«Dio è dentro il nostro cuore per dirci che dobbiamo essere bravi», scrive una bambina nel quaderno del catechismo.

La catechista le domanda: «E se una bambina non vuole ascoltarlo?».

La bambina sgrana gli occhi e risponde tranquilla: «Oh, Lui ripete».

Ostinatamente, nonostante tutto, Dio continua a raccontare la sua storia.

venerdì 4 maggio 2018

La legge del camion della spazzatura

David era di fretta, il suo treno sarebbe partito tra meno di mezz'ora e le previsioni del traffico non presagivano nulla di buono. Senza pensarci troppo saltò sul primo taxi libero, in direzione della stazione. Il taxi giallo sfrecciava sulla corsia preferenziale, quando all'improvviso una macchina scura sbucò da un parcheggio poco più avanti: il tassista premette con tutta la sua forza il pedale del freno e le ruote iniziarono a fischiare. Dopo alcuni secondi, che erano sembrati interminabili, il taxi finalmente si fermò, a pochi centimetri dalla macchina scura. 
David aveva il cuore in gola, ma le sorprese non era ancora finite. Il guidatore disattento, non solo non si scusò, ma iniziò ad inveire contro il tassista, per poi andarsene con un bel dito medio che sporgeva dal finestrino. David non poteva crederci: quel tizio stava per causare un'incidente potenzialmente mortale ed invece di scusarsi si era comportato da perfetto cafone. 
Ma a sorprenderlo davvero fu la reazione del tassista... 
Il tassista non solo non si scompose più di tanto: sorrise e salutò amichevolmente il guidatore disattento. David era incredulo: "Come hai potuto lasciarlo andare così? Stava per ucciderci!". Fu allora che David venne a conoscenza della "Legge del Camion della Spazzatura". Continuando a sorridere il tassista guardò David nello specchietto e disse: 
"Un sacco di persone sono come camion della spazzatura. Vanno in giro pieni di ‘rifiuti': frustrazioni, rabbia, malcontento. Più questi ‘rifiuti' si accumulano e più loro sentono l'urgenza di cercare un posto dove scaricarli. E se glielo permetti, te li scaricheranno addosso. Quindi amico, quando qualcuno cercherà di scaricare la sua rabbia e la sua frustrazione su di te, non prenderla sul personale. Sorridi, augura loro ogni bene e vai avanti. Credimi: sarai più felice." 

Niente male la filosofia di vita del tassista. Immerso tutti i giorni nel traffico cittadino doveva necessariamente elaborare delle personali tecniche di sopravvivenza.  
In caso contrario le occasioni per litigare con qualcuno si sarebbero sprecate e gli effetti collaterali sulla salute sarebbero stati presto micidiali. 
Ma lui decide di "vivere sereno". E ce la fa! 
Chissà se siamo in grado di fare altrettanto. Chissà quanto spesso invece permettiamo agli altri di rovinarci la giornata. Per alcuni diventa persino una condizione patologica: il pensiero degli altri, il giudizio degli altri, l'opinione degli altri, la loro critica, la loro negatività... arriva a condizionare l'intera esistenza! Drammatico! 
Cari ragazzi, non lasciatevi sommergere dalla spazzatura che altri vorrebbero buttarci addosso. La vita è bella, è meravigliosa, nonostante tutto e tutti, e spetta a noi viverla alla grande. 
Dipende soprattutto da noi. 
Ma c'è un'altro aspetto della questione: se fossimo noi a ritrovarci alla guida "del camion della spazzatura"? Su chi potremmo "scaricarla"?  
Beh, c'è stato, in passato,  qualcuno che ha pensato di potersi far carico del male di tutta l'umanità, di tutta la sua "spazzatura".  
E da quello che si racconta, da duemila anni a questa parte, sembra che coloro che hanno affidato a lui tutto il loro carico di negatività poi abbiano vissuto una vita straordinaria. 
Forte no? 
Dove possiamo incontrarlo?  
Non ad un incrocio.  Ma su una croce. 
Ma è un'altra storia e... ne riparleremo! 

Più forti di Goldrake!

4 aprile 1978. Un ragazzino, 11 anni appena compiuti, trascorre a casa l’intero pomeriggio.
Sembra annoiato. Non è come tutti i giorni. Di solito c’è l’oratorio, con la sua vitalità, la sua energia, a riempire il tempo post studio.
Ma oggi no.
La mamma sta male e deve prendersene cura. Non si sa mai... dovesse avere bisogno di qualcosa.

18.30. Che fare? I compiti li ha finiti, persino il disegno di religione che la maestra, come al solito non guarderà. Anche l’ultimo numero di Topolino è fuori gioco, finito.
Non rimane che accendere la tivù.
Ma nel 78 la tivù è diversa. Solo programmi per grandi, spesso noiosi, per lui che ancora non è in grado di cogliere il valore culturale” delle cose.
Una presentatrice annuncia che sta per andare in onda il primo episodio di un nuovo cartone animato, qualcosa di mai visto alla televisione italiana.
Il ragazzino non comprende in pieno il senso della spiegazione. Ma un cartone è comunque una buona occasione per rilassarsi e passare il tempo con leggerezza. Fino ad ora...

18.45. Tutto cambia. Già dalla sigla...

Ufo Robot, Ufo Robot
Ufo Robot, Ufo Robot
Si trasforma in un razzo missile
con circuiti di mille valvole
tra le stelle sprinta e va.

Mangia libri di cibernetica
insalate di matematica
e a giocar su Marte va.

Lui respira dell'aria cosmica
è un miracolo di elettronica
ma un cuore umano ha.

Ma chi è?
Ma chi è?
Ufo Robot, Ufo Robot

Da questo momento non è più la stessa cosa.
Il primo anime giapponese, il primo supereroe intergalattico entra nella vita del ragazzino e cambia il suo modo di guardare la realtà.

Il nuovo supereroe è un essere coraggioso, sopraggiunto sulla terra da un altro pianeta distrutto da esseri malvagi, dedica la sua esistenza a difendere la Terra dai cattivi, fino al limite del sacrificio della sua stessa vita.
È schivo, forte, coraggioso...

Goldrake diventa il modello di ogni ragazzino. Ma anche di qualche adulto disilluso da una realtà dove la sete di giustizia diventa sempre più intensa.

Il gioco di suoni, immagini, movimenti al rallenty e comandi vocali dall’eco profonda, (che adrenalina mette su il sentire gridare, come da una voce lontana, alabarda spaziale, lame rotanti, doppio maglio perforante...), fa sognare tutti e risveglia sensazioni che da lì a poco saranno parte della vita di molti, moltissimi.

Un’icona pop, è stata definita. Capace di avvicinare mondi diversi: adulti e bambini, ceti sociali differenti, interessi culturali distanti si ritrovano (ancora oggi a quarant’anni di distanza) a parlare di Goldrake, Ufo Robot.

Ma non tutto fila liscio. Molti genitori sono allarmati: questa nuova tipologia di cartoni non va. Troppa violenza esplicita, aggressività, sofferenza... i bambini non sono abituati. Cominciano ad emulare Goldrake e inoltre leggono sempre meno... (non si inventa mai nulla!).
Ufo Robot finisce in parlamento. Bisogna decidere se cancellarne la programmazione o lasciarlo sopravvivere.
A difendere il robottone, in maniera del tutto inaspettata, arriva Gianni Rodari, giornalista e scrittore di fiabe per bambini.
Goldrake, secondo lo scrittore, non è altro che il risveglio di un mito. Nulla di immorale in lui, come nulla di immolare si può riscontrare in Ercole. Quest’ultimo era per metà uomo e per metà dio. Goldrake è per metà uomo e per metà nave spaziale. Ma la sostanza non cambia e nascondere ai bambini il rapporto con la sofferenza, (siamo in periodi in cui parlare di morte è tabù), con le emozioni più forti, con il senso della giustizia, (in altre parole nascondere il contatto con la vita reale), non può essere considerato negativo.

Così Ufo Robot è sopravvissuto agli attacchi mediatici. Ed il ragazzino è cresciuto. È qui a scrivere qualche pensiero da regalarvi...

Mi sono interrogato su quel metà dio”.
Mi è venuto in mente che qualcun altro ci aveva promesso che non saremmo stati metà dio”, ma figli di Dio. Cioè divini, come lui.
Beh, se già è difficile essere Goldrake, o Ercole, figuriamoci di più...

E sentiamo un po’, mi sono detto, come che potremmo diventare divini”, come Dio, uguali a lui o addirittura suoi figli?
Tra le beatitudini evangeliche riportate da Matteo (Mt. 5,3-12) - quanto ne abbiamo parlato al biennio!!! - ce n’è una che dice Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”.

Semplice, no? Già! Mica tanto. Perché è evidente che gli operatori di pace non sono quelli che organizzano manifestazioni pacifiste, magari spaccando vetrine o assaltando le barriere della polizia...
No. Gesù ha un’altra idea di pacifismo.
La pace deve nascere prima dentro di noi. Poi riusciremo a portarla attorno a noi. Non combattendo la violenza con altra violenza, ma con la mansuetudine, la mitezza, l’amore.

Le parole di Gesù sono di una concretezza disarmante e non lasciano spazio ai dubbi.

Ma a voi che ascoltate, io dico: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano, benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi maltrattano. A chi ti percuote sulla guancia, porgi anche l’altra; a chi ti leva il mantello, non rifiutare la tunica. Dà a chiunque ti chiede; e a chi prende del tuo, non richiederlo. Ciò che volete gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro. Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se fate del bene a coloro che vi fanno del bene, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Anche i peccatori concedono prestiti ai peccatori per riceverne altrettanto. Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell’Altissimo; perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. (Lc. 6, 27-35)

È qui il senso della promessa di Gesù. Per essere come Dio, per essere figli di Dio, bisogna vincere i limiti della natura umana e amare non in modo comune. In modo divino: Egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi. Ce ne vuole.
Gesù sarebbe stato poco credibile se alle sue parole non avesse fatto seguire i fatti.
Ma in questi ultimi giorni, (i giorni della settimana santa), questi fatti sono stati ricordati continuamente. E lo abbiamo visto lì, appeso nudo a un pezzo di legno, deriso dagli stessi accusatori che lo avevano condannato perché fastidioso al loro quieto vivere, al loro perbenismo, alla loro adesione formale alla fede e, quando ormai le forze erano esaurite, usare l’ultimo fiato disponibile per dire Padre, perdonali...”. Perdonali.

Essere divini è possibile. Essere più forti di Goldrake è possibile.
Ma richiede un amore sovrumano. Divino appunto.

venerdì 13 aprile 2018

La pianta segreta

Un uomo duramente provato dalla vita, il quale aveva saputo mantenere sempre integra la sua serenità e il suo coraggio, sentendo avvicinarsi la fine chiamò intorno a sé i figlioli, le nuore, i nipoti e i pronipoti e disse loro:
"Voglio svelarvi un segreto. Venite con me nel frutteto".
Tutti lo seguirono con curiosità e tenerezza, poiché sapevano quanto il vecchio amasse le piante. Con le poche forze rimaste e rifiutando ogni aiuto, l'uomo cominciò a zappare in un punto preciso, al centro del verziere. Apparve un piccolo scrigno. Il vecchio lo aprì e disse: "Ecco la pianta più preziosa di tutte, quella che ha dato cibo alla mia vita e di cui tutti voi avete beneficiato".
Ma lo scrigno era vuoto e la pianticella che l'uomo teneva religiosamente fra le dita era una sua fantasia. Ciononostante nessuno sorrise.
"Prima di morire", proseguì l'uomo, "voglio dare ad ognuno di voi uno dei suoi inestimabili semi".
Le mani di tutti si aprirono e finsero di accogliere il dono.
"È una pianta che va coltivata con cura, altrimenti s'intristisce e chi la possiede ne è come intossicato e perde vigore. Affinché le sue radici divengano profonde, bisogna sorriderle; solo col sorriso le sue foglie diventano larghe e fanno ombra a molti. Infine, i suoi rami vanno tenuti sollevati da terra; solo con l'aiuto di molto cielo diventano agili e lievi a tal punto da non farsi nemmeno notare".
Il vecchio tacque. Passò molto tempo. Nessuno si mosse. Il sole stava per tramontare, quando il figlio maggiore disse per tutti:
"Grazie, padre, del tuo bellissimo dono; ma forse non abbiamo capito bene di che pianta si tratti".
"Sì che lo avete capito. Mentre mi ascoltavate e mi stavate intorno, ognuno di voi ha già dato vita al piccolo seme che vi ho consegnato. È la Pianta della Pazienza". 

Il termine pazienza può avere in italiano diversi significati, ma che rispecchiano tutti l'origine etimologica dal latino patientia e dal greco pathos.
Leggiamo alcuni tra i significati principali dal vocabolario Treccani:
  1. Disposizione d’animo, abituale o attuale, congenita al proprio carattere o effetto di volontà e di autocontrollo, ad accettare e sopportare con tranquillità, moderazione, rassegnazione, senza reagire violentemente, il dolore, il male, i disagi, le molestie altrui, le contrarietà della vita in genere;
  2. Capacità di frenarsi, di contenere l’ira, l’irritazione;
  3. Calma, assiduità, costanza e insieme precisione nell’eseguire un lavoro, nello svolgere un’attività superandone le piccole difficoltà.
Chiusa questa parentesi culturale, ci chiediamo: e a che serve? Che utilità si ricava dall’essere pazienti? Perché spesso ragioniamo proprio in questi termini, quelli dell’utilità. Un po’ meno pensiamo in termini di essere, di costruzione di un’identità personale unica, ma anche sana.
Ci sono evidenti utilità che si ricavano dall’essere pazienti, e si possono facilmente evincere anche limitandosi a prendere in considerazione le tre definizioni citate:
chi è paziente è tranquillo, sta bene con se stesso e con gli altri e sa che a nulla serve lamentarsi dei disagi o delle contrarietà della vita: il lamento genera un malessere maggiore, non lenisce il dolore;
chi è paziente non cede all’ira, sa che è distruttiva e autodistruttiva: presi dall’ira possiamo fare del male agli altri ma anche noi stessi ne ricaviamo un danno sia fisico (il palermitano “un fari a bile” descrive benissimo quest’aspetto) sia interiore (perdiamo la pace);
chi è paziente nelle sue attività riesce a poco a poco, con cura e precisione, a raggiungere risultati straordinari.
Ma c’è ancora un aspetto della pazienza che definirei (e penso di non sbagliarmi) superiore: la pazienza è una di quelle caratteristiche che ci fa più simili a Dio. Perché Dio è “paziente e misericordioso”, ci dicono le scritture, “lento all’ira e grande nell’amore”. Perché Dio è amore.
E chi ama è paziente. Come Dio.
Ricordo una delle prime omelie di Papa Francesco, una domenica all’Angelus.
Raccontava del suo incontro con una vecchietta alla quale, ancora vescovo a Buenos Aires, aveva chiesto: “Nonna, lei è sicura che Dio ci perdona?”. “Certo”, disse l’anziana donna, “Dio perdona tutto!”. “E lei come lo sa?”, “Se Dio non perdonasse tutto, il mondo non esisterebbe!”.
Straordinaria testimonianza di una fede semplice e forte!
Il mondo esiste ancora perché Dio è paziente.
Da quello a cui assistiamo sempre più frequentemente nella storia di tutti i giorni forse dovremmo chiederci se il mondo non rischia la distruzione perché gli uomini non sono altrettanto pazienti.
Ma, ancora una volta, non possiamo puntare il dito addosso agli altri. Dobbiamo guardare a noi stessi e cominciare a costruire un mondo diverso a partire dalla nostra coscienza: io, sono paziente?

Il calendario dell'avvento

Avvento, tempo di attesa. Tempo di attese. Sono tante le attese che ognuno di noi porta nel proprio cuore. C’è chi spera in un domani miglio...